LE ARTI MARZIALI


ARTI MARZIALI

 

« Se mi accorgo che qualcuno mi guarda con odio, non reagisco.

Mi limito a fissarlo negli occhi,

avendo cura di non trasmettergli

alcuna sensazione d'ira o di pericolo.

E il combattimento, prima ancora di cominciare è già finito.

Il nemico da battere è dentro di noi.

Le arti marziali non significano violenza,

ma conoscenza di sé stessi e degli altri . »

 

(Wang Wei, Maestro di Kung Fu e Tai Chi; 1996 )

 


Con arte marziale si intende una disciplina legata al combattimento che raccoglie al suo interno determinate pratiche e tecniche codificate, fondate a loro volta su particolari principi fisici, culturali e filosofici.

Il termine è stato utilizzato a partire dagli anni '60 quando vennero introdotte in occidente le arti marziali orientali. Molte volte ai termini "arte marziale" vengono associate esclusivamente le arti marziali cinesi, giapponesi e coreane, ma non è corretto, poichè le arti marziali sono un insieme di discipline provenienti da diverse parti del mondo.

 

Oggi, le arti marziali vengono studiate per varie ragioni: ottenere abilità al fine del combattimento, autodifesa, sport, salute, forma fisica, autocontrollo, meditazione, acquisire confidenza col proprio corpo, sicurezza nelle proprie capacità fisiche e psichiche, e consapevolezza dei propri limiti.

 

 

Ma come nascono le arti marziali?

 

La scarsa presenza di fonti storiche riguardanti le arti marziali in Asia non ci permette di stabilire con esattezza la nascita e l'evoluzione di queste arti. Si sa però che la maggior parte di esse deriva per lo più da alcune tecniche di lotta della Cina del nord sviluppatesi durante la dinastia Zhou (1000 - 300 a.C.). Da queste prese forma una serie di tecniche di combattimento che già allora erano considerate un'arte e che durante la dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) venivano chiamate Chi Ch'iao, che significa "abilità e talento", o Shou Po, ossia "mano che colpisce a pugno".


Le tecniche di lotta diffuse in Cina entrarono in contatto con i principi filosofici del Buddhismo Chan intorno al VI secolo d.C.; questo incontro, e la scoperta dell’utilizzo del proprio corpo come unico mezzo di combattimento, si fa tradizionalmente risalire all'arrivo del leggendario Monaco Bodhidharma (India, 483 d.c. - Tempio di Shaolin 540 d.c.) (foto sopra) del Tempio di Shaolin (foto sotto), anche se questo avvenimento si confonde con la leggenda.

 

Bodhidharma è stato un monaco buddhista indiano, più precisamente il 28° patriarca indiano del Buddhismo Chan.

Originario dell'India e di nobile casata, da lui sarebbe nato anche, secondo alcune tarde leggende, lo stile di combattimento di Shàolín quán.

 

Nonostante le diverse agiografie che si susseguirono nel corso dei secoli, sulla figura di Bodhidharma possediamo una sola testimonianza contemporanea della sua esistenza:

 

La storia narra di un "un persiano dagli occhi blu sui 150 anni di età" che praticava la recitazione del nome del Buddha e che aveva espresso parole di elogio per alcuni templi cinesi da lui visitati. Un brahmano originario dell'India meridionale che arrivò in Cina per diffondervi le dottrine del Mahāyāna. Giunto per mare a Nanyue, raggiunse la capitale Luoyang, dove cercò di raccogliere, ma senza successo, dei discepoli, incontrando persino maldicenze. Solo in due lo seguirono, Huìkě e Dàoyù. A loro trasmise la dottrina che riteneva più adatta ai cinesi e la tecnica della meditazione del bìguān e del principio.

 

Secondo quanto riportato nel corso degli anni, si dice che il Monaco notò la difficoltà per raggiungere la perfezione del fisico fine a se stessa, tant’è che per tale motivo penso di unire l’utile al dilettevole, creando una nuova arte in cui fondare i principi di vita, filosofici, religiosi, con la cultura del fisico, rendendolo forte e resistente per avere prontezza in caso di ogni eventuale situazione combattiva.

 

Così, attraverso i suoi sistematici insegnamenti finalizzati al rafforzamento del corpo e dello spirito, prese corpo una nuova disciplina di combattimento, o arte marziale, che rese poi famoso il tempio stesso ed i suoi monaci.

 

Dàoxuān afferma che Bodhidharma morì sulle rive del Fiume Lo il quale, essendo noto come terreno di esecuzioni, fa supporre che fu giustiziato durante le ribellioni del periodo della Dinastia Wei settentrionale.

 

La nuova scuola buddhista cinese si sviluppò rapidamente e ma venne denominata come Dámózōng, il fondatore accertato. Con la sua diffusione, il fondatore Bodhidharma acquisì conseguentemente le sue caratteristiche leggendarie.

 

Ne sarebbero prova di leggenda diverse testimonianti contrastanti: prima fra tutte le date publicate in merito alla sua nascita e morte, le quali, secondo i calcoli, sarebbe morto a 57 anni, contrariamente da quanto racconta le storia leggendaria raffigurando come un persiano di 150 anni.

 

Tuttavia, la nostra scuola ci insegna che Bodhidharma esistette realmente in qualità di monaco indiano praticante le antiche discipline marziali, benchè non possiamo essere certi di come si sia sviluppata realmente la sua storia.

 

I principi filosofici del buddhismo influenzarono moltissimo le arti marziali in Cina e in Giappone, elevandole da semplici metodi di combattimento ad arti per la ricerca della perfezione fisica e spirituale. Con la successiva diffusione di queste elaborate arti marziali per tutta la Cina, avvenne una gran differenziazione dovuta all'incontro con altre filosofie come il Taoismo e il Confucianesimo e alle condizioni geografiche in cui andarono a svilupparsi. Fu forte l'influenza che queste arti marziali provenienti dalla Cina ebbero sulle nascenti arti marziali nel resto dell'Asia.


L'insegnamento delle arti marziali in Asia ha storicamente seguito il tradizionale principio insegnante-discepolo, comune ad ogni tipo di apprendimento. Gli studenti apprendono attraverso uno stretto sistema gerarchico al cui vertice sta il Maestro: Sensei (先生) in giapponese.


In alcune arti marziali influenzate dal confucianesimo, gli studenti più anziani sono considerati come fratelli e sorelle maggiori, quelli più giovani come fratelli e sorelle minori. Tali intime relazioni servono per formare un buon carattere, pazienza e disciplina.

 

Infatti, come ci insegna la nostra scuola, "siamo tutti una grande famiglia"